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Drink dolci colorati vs bevuta raffinata

Red Garter Birra

Dai drink dolci coloratissimi di qualche tempo fa alla bevuta raffinata e consapevole di oggi. In mezzo, un settore che nel giro di pochi anni ha vissuto una profonda evoluzione. Con sessanta anni di drink e baristi che si sono alternati dietro il bancone, in fondo, non c’è da meravigliarsi se oggi il Red Garter viene considerato una cartina al tornasole dei cambiamenti avvenuti sia nel mondo della miscelazione sia nel gusto della clientela. Dal 1962, il locale di via de’ Benci ha attraversato passaggi che hanno modificato radicalmente il modo di bere: quanto accadeva sui due versanti del bancone del locale notturno fiorentino, del resto, è stato specchio di una trasformazione progressiva ma inesorabile di approcciarsi alla bevuta, comune a tutta Italia. Mutamenti di cui il patròn Riccardo Tarantoli è stato testimone, grazie a un passato da bartender prima di vestire con successo i panni dell’imprenditore della notte. E’ con lui, che passiamo in rassegna le principali evoluzioni del modo di bere. Non c’è dubbio che tra gli anni Ottanta e Novanta si siano consumate anche in riva all’Arno alchimie gastronomiche di dubbio gusto. Erano gli anni in cui a tavola trionfavano risotto alle fragole e champagne, ad esempio, mentre al bancone regnavano incontrastati variopinti cocktail rigorosamente a base vodka. Tanti locali attraversavano la fase in cui la miscelazione puntava su fattori “catching” come guarnizioni trash, ombrellini  e cannucce. “In quel periodo regnava un gusto sempre più dolce – spiega Tarantoli – che in parte tuttora resiste. I classici venivano snaturati per renderli adatti al gusto del tempo: la Capirinha era ‘imbastardita’ diventando Capiroska, mentre il Mojito diventava un top seller grazie alla grande quantità di zucchero a scapito della qualità del rum. In quegli anni, insomma, si andava nella direzione di bere dolce e colorato”. Al Red Garter, in particolare, andava forte lo “Zombie” (rum chiaro, rum scuro, aperol, brandy e succo d’ananas), il “4 bianchi” (gin, vodka, triple sec e rum) e classici IBA come il Sex on the Beach, l’Americano e il Long Island. “Questi ultimi due rimangono tra i drink più richiesti – racconta ancora Riccardo Tarantoli – come elemento di raccordo tra il ‘prima’ e il ‘dopo’, e a far loro compagnia c’è il boom dello Spritz e il grande ritorno del Negroni”. Non va dimenticato, a tal proposito, che cocktail ideato dal conte Camillo Negroni – in grado di conquistare nel 2021 lo scettro di drink alcolico più bevuto al mondo, scalzando l’Old Fashioned – è nato proprio a Firenze poco più di un secolo fa. Altrettanto significativo per comprendere l’evoluzione del gusto è il percorso compiuto dal Gin Tonic, altro drink profondamente toscano visto che quasi la metà del ginepro usato a livello globale proviene da questa regione: “Oggi lo si beve con un approccio un po’ diverso rispetto al passato – conclude il titolare del Red Garter – perché sempre più spesso i giovani non si limitano a ordinarlo ma vogliono conoscere le aziende, le botaniche, il tipo di miscelazione, ecc.. valorizzando i gin prodotti da piccoli produttori e dando il via al boom dei gin artigianali. Non solo: la maggiore consapevolezza dei consumatori di oggi li porta a rendere i cocktail autentici sostituti della birra o del vino, pasteggiando con un drink”. Un cambio di passo nel bel bere che risale alla fine degli anni Duemila: “Il merito va a una nuova generazione di bartender come quelli del Jerry Thomas di Roma – spiega Federico Silvio Bellanca, autore di numerosi libri e trasmissioni tv sul mondo del bar – che riportano in auge i classici della miscelazione dando il via a una nuova scuola, quella del Twist on classic: si prendono cocktail un po’ demodé e gli si prova a dare nuova vita giocando sull’ingredientistica e mutuando dalla cucina tecniche come preparazioni homemade, fermentazioni, affumicature e sferificazioni”. 

Ma non ci sono solo i cocktail, ad aver visto il Red Garter nel ruolo di testimone privilegiato delle mutazioni avvenute nel mondo dei drink. Pensiamo al tentativo di ascesa – mai pienamente compiuto – delle birre artigianali, arrivate nel nostro Paese una ventina d’anni fa ma capaci di ritagliarsi uno spazio soltanto in un certo tipo di locali specializzati. L’Italia ha scoperto la birra artigianale fino a diventare uno dei Paesi più vivaci in termini di produzione e varietà, tra microbirrifici, brewpub e ristoranti che propongono pairing, ma questo trend non ha mai attecchito nel mercato della notte, a causa soprattutto della differenza di volumi necessari a renderne sostenibile la presenza in carta. Dal canto suo, il Red Garter ha preferito affiancare all’offerta canonica una birra Lager – ossia a bassa fermentazione – di propria produzione, realizzata in un antico birrificio a poca distanza da Londra. La scelta di offrire ai propri clienti una birra diversa da quelle tradizionali nasce dalla volontà di fornire un’alternativa che marcasse ancor di più il nome e lo stile del Red Garter presso il mondo dei più giovani: non a caso la ricetta è stata messa a punto proprio da Riccardo Tarantoli insieme al mastro birraio inglese, e oggi di questa “bionda” dal sapore fresco e leggermente aromatico è presente in carta sia nella casa madre di Firenze che nella dependance di Barcellona, dove ne vengono serviti ben 500 ettolitri l’anno.

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